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4 mars 2007 7 04 /03 /mars /2007 14:33
Lesioni meniscali: I. Scienza di base e valutazione


Patrick E. Greis, MD, Davide D. Bardana, MD, FRCSC, Michael C. Holmstrom, MD, e Robert T. Burks, MD

Sommario
Il paziente con una lesione meniscale può evidenziare dolore , tumefazione o sintomi meccanici e spesso richiede un intervento chirurgico per la risoluzione dei sintomi . Il trattamento di tali lesioni si fonda sulla conoscenza delle caratteristiche macro - e microanatomiche del menisco , importanti per il mantenimento della sua funzione . La capacità del menisco di concorrere alla distribuzione e all’assorbimento delle forze di carico , alla lubrificazione dell’articolazione e alla stabilità della stessa dipende dal mantenimento della propria integrità strutturale . Spesso è possibile formulare una diagnosi , z di lesione meniscale con l’esame clinico , ricorrendo all’anamnesi , all’esame obiettivo e alle radiografie standard . La risonanza magnetica può essere utile per confermare la diagnosi , quando i reperti clinici non sono decisivi . Il trattamento dipende dal tipo di lesione , dalla vascolarizzazione e da una valutazione della qualità del tessuto . Le scelte chirurgiche per il trattamento delle lesioni meniscali si basano sulle caratteristiche peculiari del paziente e sulla conoscenza della struttura , della funzione e della patologia meniscale .

J Am Acad Orthop Surg 2002 ; 10 : 168 - 176



Il Dr . Greis è Assistant Professor , Department of Orthopaedic Surgery , University of Utah , Salt Lake City , UT . Il Dr . Bardana è Fellow , Sports Medicine , Department of Orthopaedic Surgery , University of Utah . Il Dr . Holmstrom è Chief Resident , Department of Orthopaedic Surgery , University of Utah . Il Dr . Burks è Professor , Department of Orthopaedic Surgery , University of Utah .

Richieste di ristampa : Dr Greis , Room 3B165 , 50 North Medical Drive , Salt Lake City , UT 84132 .

Copyright 2002 American Academy of Orthopaedic Surgeons.

Le lesioni del menisco, derivanti da attività sia sportive sia quotidiane, sono comuni. Possono essere isolate o associate a una lesione legamentosa e comportare una notevole invalidità fisica. La presenza di sintomi clinici quali dolore, tumefazione, blocco, intrappolamento e perdita del movimento, richiede spesso un intervento chirurgico. Il trattamento artroscopico delle lesioni meniscali è divenuto una delle procedure di chirurgia ortopedica più diffuse negli Stati Uniti; in molte strutture esso costituisce il 10-20% di tutti gli interventi.1 Per valutare e trattare in modo adeguato tali lesioni è indispensabile la conoscenza dell’anatomia e della funzione del menisco. Inoltre è necessaria una valutazione del tipo di lesione e di ciò che questo comporta in termini di trattamento. Infine, l’accurata diagnosi preoperatoria di tali lesioni consente un counseling più efficace del paziente, in relazione alla terapia appropriata. La conoscenza dell’anatomia e della funzione del menisco è molto migliorata nel corso degli ultimi venti anni. L’anamnesi e l’esame obiettivo, insieme alla risonanza magnetica (RM), restano i metodi diagnostici principali della patologia meniscale. Le scelte nel trattamento sono influenzate da fattori peculiari del paziente, oltre che dalla natura della patologia.

Anatomia
Caratteristiche macroscopiche
L’anatomia meniscale è stata ampiamente studiata, da quando Bland-Sutton2 per primo ha descritto il menisco come “i residui, privi di funzione, di muscoli intra-articolari della gamba”. L’anatomia è importante sia per il tipo di lesioni meniscali, sia per il conseguente trattamento. Dal punto di vista dell’anatomia macroscopica, i menischi sono strutture fibrocartilaginee a forma di C o semicircolari, con inserzioni ossee sulle superfici anteriore e posteriore del piatto tibiale (Fig. 1). La porzione mediale del menisco è a forma di C, con il corno posteriore più ampio di quello anteriore, in senso anteroposteriore. Si possono osservare variazioni nella morfologia del menisco e delle inserzioni. Studi recenti hanno esaminato la variazione anatomica nelle inserzioni del corno anteriore del menisco mediale e il ruolo che il legamento intermeniscale trasverso svolge nella stabilità del menisco stesso. Berlet e Fowler3 hanno descritto quattro tipi di inserzioni del corno anteriore del menisco mediale. La variante del tipo IV non presenta inserzioni ossee stabili ed è stata riscontrata solo nel 3% (1 su 34) dei loro campioni. Nelson e LaPrade4 hanno trovato un tipo di inserzione simile nel 14% di 47 campioni. Nella maggior parte dei campioni, tuttavia, si osservava un’inserzione ossea anteriore stabile. La parte restante del menisco mediale si inserisce in modo stabile sulla capsula articolare. L’inserzione ossea posteriore si trova in posizione anteriore rispetto all’inserzione del legamento crociato posteriore.
Johnson et al.5 hanno rilevato le sedi di inserzione ossea del menisco, nello sforzo di identificare dei punti di repere appropriati per il trapianto. Essi hanno annotato la posizione di ogni sede di inserzione (Fig. 2) e la sua superficie. Il corno anteriore del menisco mediale ha la superficie della sede di inserzione maggiore (61,4 mm2) e il corno posteriore del menisco laterale quella minore (28,5 mm2). L’inserzione capsulare del menisco mediale, dal lato della tibia, viene indicata come legamento coronario. Un ispessimento dell’inserzione capsulare nella porzione mediana si estende dalla tibia al femore e viene indicata come legamento collaterale mediale profondo.
Anche il menisco laterale è ancorato, anteriormente e posteriormente, mediante inserzioni ossee e ha una configurazione quasi semicircolare. Copre una porzione maggiore della superficie articolare della tibia, rispetto al menisco mediale (Fig. 1). Sono state descritte varianti discoidi, con un’incidenza del 3,5-5%, in gran parte del tipo incompleto.6 Il corno anteriore e quello posteriore si inseriscono più vicini l’uno all’altro, rispetto a quelli del menisco mediale; il corno anteriore si inserisce in posizione adiacente al legamento crociato anteriore (LCA), quello posteriore si inserisce dietro all’eminenza intercondilica, in posizione anteriore rispetto al corno posteriore del menisco mediale. Una variante nell’inserzione del corno posteriore comprende la variante di Wrisberg del menisco laterale discoide, in cui l’inserzione ossea del corno posteriore è assente e il legamento meniscofemorale posteriore di Wrisberg è l’unica struttura stabilizzante. Tale variante consente un movimento eccessivo e porta a un’instabilità del corno posteriore. Il legamento meniscofemorale anteriore di Humphry si estende dal corno posteriore del menisco laterale, anteriormente al legamento crociato posteriore, e si inserisce sul femore.
Posteriormente e lateralmente, rispetto all’inserzione ossea posteriore del menisco laterale, si trova il tendine popliteo. L’area circostante tale tendine è nota come iato popliteo. Simonian et al.7 hanno studiato il ruolo svolto dai fascicoli popliteomeniscali nella stabilità del menisco laterale. La rottura dei fascicoli anteroinferiore e posterosuperiore può portare a un incremento nel movimento del menisco in corrispondenza dello iato e può avere un ruolo importante nell’ipermobilità del corno posteriore del menisco laterale. Le restanti inserzioni del menisco laterale alla tibia avvengono attraverso la capsula, ma non sono altrettanto sviluppate di quelle sul lato mediale. Tale carenza di sviluppo consente una maggiore traslazione del menisco laterale attraverso il movimento articolare. Utilizzando la RM tridimensionale, Thompson et al.8 hanno mostrato 11,2 mm di escursione posteriore del menisco laterale e 5,2 mm del menisco mediale, durante la flessione del ginocchio.
Microstruttura e biochimica
La struttura fibrocartilaginea del menisco presenta una varia architettura di fasci grossolani di collagene. Il microscopio elettronico a scansione ha svelato che l’orientamento delle fibre di collagene è principalmente circonferenziale, con alcune fibre radiali alla superficie e nella porzione centrale.9 Tale orientamento consente la dispersione dei carichi compressivi per mezzo delle fibre circonferenziali, mentre le fibre radiali agiscono come fibre di collegamento, per resistere alla rottura da trazione longitudinale (Fig. 3). Alla superficie del menisco, l’orientamento delle fibre è più quella di una struttura retiforme o di una configurazione casuale, che si ritiene sia importante per la distribuzione delle sollecitazioni di taglio. Il collagene costituisce il 60-70% del peso secco del menisco. La maggior parte del collagene (90%) è del tipo I; i tipi II, III, V e VI sono presenti in quantità molto minori. L’elastina rappresenta circa lo 0,6% del peso secco del menisco e le proteine non collagene l’8-13%.10
Le cellule del menisco sono state chiamate fibrocondrociti a causa del loro aspetto e del fatto che esse sintetizzano una matrice fibrocartilaginea. I fibrocondrociti sono di due tipi: le cellule più superficiali sono ovali o fusiformi, quelle più profonde sono rotondeggianti. Entrambi i tipi contengono abbondanti reticoli endoplasmatici e pochi mitocondri.
Apporto ematico e reperti neuroanatomici
Alla nascita, l’intero menisco è vascolarizzato; all’età di 9 mesi, il terzo interno è divenuto avascolare. Tale riduzione della vascolarizzazione continua sino all’età di 10 anni, quando il menisco somiglia molto a quello di un adulto. Arnoczky e Warren,11 studiando l’apporto ematico adulto, hanno mostrato che solo il 10-25% della parte esterna del menisco laterale e il 10-30% di quello mediale sono vascolarizzati (Fig. 4). Tale vascolarizzazione deriva dai rami superiore e inferiore delle arterie genicolate mediale e laterale, che formano un plesso capillare perimeniscale. Una frangia sinoviale si estende per un breve tratto sulle superfici sia femorale sia tibiale del menisco, senza contribuire all’apporto ematico. In corrispondenza dello iato popliteo, il menisco è relativamente avascolare, a causa dell’assenza di vasi perforanti e della frangia sinoviale. Per la natura avascolare dei due terzi interni del menisco, si ritiene che il nutrimento cellulare avvenga soprattutto tramite diffusione o per pompaggio meccanico.12 Gli elementi neurali sono specialmente abbondanti nella porzione più esterna del menisco, in particolare si tratta di fibre nervose mieliniche e amieliniche. Tali fibre nervose spiegano probabilmente i reperti di Dye et al.,13 che hanno eseguito una mappatura neurosensoriale delle strutture interne del ginocchio. Alla valutazione, i tessuti situati al centro del menisco non mostravano una reazione algica, mentre il tessuto più periferico e quello capsulomeniscale evidenziavano un fastidio da lieve a moderato.
Il corno anteriore e quello posteriore del menisco sono innervati da recettori meccanici, che possono avere un ruolo nel feedback propriocettivo durante i movimenti estremi. Non è ancora chiaro, tuttavia, il loro ruolo preciso nella funzione articolare.

Funzioni del menisco
I menischi sono importanti in molti aspetti della funzione del ginocchio, tra cui la distribuzione del carico, l’assorbimento degli stress meccanici, la riduzione delle sollecitazioni da contatto dell’articolazione, la stabilizzazione passiva, l’incremento della congruità e della superficie di contatto, la limitazione dei gradi estremi di flessione e di estensione e la propriocezione. Molte di queste funzioni vengono attuate attraverso la capacità del menisco di trasmettere e distribuire il carico sul piatto tibiale. I reperti quali riduzione dello spazio articolare, formazione di osteofiti e appiattimento dei condili femorali dopo una meniscectomia totale, hanno suggerito l’importanza del menisco nella protezione dell’articolazione e hanno ispirato ricerche sul ruolo dello stesso nella funzione articolare.
Il menisco mediale e quello laterale trasmettono almeno il 50-70% del carico – a volte anche di più – quando il ginocchio è in estensione; questo valore aumenta all’85% con la flessione del ginocchio a 90°.14 Radin et al.15 hanno mostrato che tali carichi erano ben distribuiti quando i menischi erano intatti. La rimozione del menisco mediale portava a una riduzione del 50-70% della superficie di contatto del condilo femorale e a un incremento del 100% dello stress da contatto.16 La meniscectomia laterale totale provoca una riduzione del 40-50% della superficie di contatto e incrementa lo stress da contatto nel compartimento laterale fino al 200-300% rispetto a quella normale.
Con la riduzione della superficie di contatto all’interno dell’articolazione, le sollecitazioni vengono incrementate e distribuite in modo non uniforme. Questo porta a un aumento delle forze di compressione e di taglio sull’articolazione. Insieme alle modificazioni biomeccaniche che possono verificarsi con la meniscectomia, i risultati di alcuni studi12 suggeriscono che viene influenzata anche l’attività biochimica della cartilagine. Si ritiene che la migliore congruità articolare, ottenuta attraverso il contatto del menisco, abbia un ruolo nella lubrificazione dell’articolazione e nella nutrizione cellulare.
Il menisco ha anche un ruolo nell’assorbimento della fase di carico. Studi sulla compressione, che utilizzavano menischi bovini, hanno dimostrato che il tessuto meniscale presenta una rigidità che è circa la metà di quella della cartilagine articolare. In uno studio,18 la capacità di assorbimento delle forze di carico del ginocchio normale si riduceva del 20% dopo la meniscectomia.
I menischi hanno anche un ruolo chiave nel potenziamento della stabilità articolare.19 La meniscectomia mediale, nel ginocchio con LCA intatto, ha un effetto scarso sul movimento anteroposteriore, ma nel ginocchio con LCA insufficiente porta a un incremento fino al 58% della traslazione tibiale anteriore, a 90° di flessione. Shoemaker e Markolf20 hanno dimostrato che il corno posteriore del menisco mediale era la più importante struttura che si oppone a una forza applicata anteriormente alla tibia, in un ginocchio con deficit del LCA. Allen et al.21 hanno mostrato che la forza risultante nel menisco mediale, in un ginocchio con insufficienza del LCA, cresceva del 52% in estensione completa e del 197% a 60° di flessione, a un carico di 134-N. Anche se i due terzi più interni del menisco sono importanti per migliorare l’area di contatto dell’articolazione ed incrementare l’assorbimento della fase di carico, l’integrità del terzo periferico è essenziale sia per la trasmissione del carico sia per la stabilità.

Epidemiologia
L’incidenza annuale media delle lesioni meniscali è di 60-70 per 100.000.22 Le lesioni meniscali sono più comuni nei maschi; il rapporto maschio:femmina va da 2,5:1 a 4:1. In uno studio di Poehling et al.,24 una percentuale di tutte le lesioni appena superiore a un terzo era associata a una lesione del LCA. L’incidenza massima per questo gruppo era negli uomini di 21-30 anni e nelle ragazze e donne di 11-20 anni. Le lesioni meniscali di tipo degenerativo si verificano comunemente in uomini nella quarta, quinta e sesta decade di età. La patologia meniscale nelle donne è piuttosto costante dopo la seconda decade di vita. I pazienti più giovani presentano con maggiore probabilità un evento traumatico acuto come causa della loro patologia meniscale.
Nei pazienti con una lesione acuta del LCA, le lesioni del menisco laterale si verificano con maggiore frequenza rispetto a quelle del menisco mediale.25 Nei pazienti con lassità cronica del LCA, tuttavia, sono più prevalenti le lesioni del menisco mediale. Si ritiene che il ruolo del menisco mediale, come limitazione secondaria alla traslazione anteroposteriore, sia importante, a causa dell’alta incidenza della sua lesione nelle ginocchia con lassità cronica del LCA.
La lesione meniscale è inoltre frequente nella frattura del piatto tibiale; in uno studio 17 pazienti su 36 (47%) presentavano una lesione meniscale associata a tale frattura.26 Le lesioni meniscali venivano diagnosticate mediante artroscopia al momento della stabilizzazione della frattura; quasi tutte necessitavano di una riparazione chirurgica. Anche le fratture della diafisi femorale sono state associate a una concomitante lesione meniscale; in tale ambito la presenza di emartro dovrebbe incrementare l’indice di sospetto per una lesione legamentosa o meniscale.27

Diagnosi
Anamnesi
Spesso è possibile formulare la diagnosi di lesione meniscale grazie a un’anamnesi accurata, a un esame obiettivo e agli appropriati accertamenti diagnostici. L’esordio dei sintomi e la dinamica della lesione sono spesso indizi per la diagnosi. L’età del paziente può essere un fattore, in relazione alla probabilità di una riparazione chirurgica, come pure la presenza di una condrosi associata o di altri danni articolari. Le lesioni meniscali isolate si verificano spesso durante una lesione da torsione o un evento in iperflessione e possono presentarsi con dolore acuto e tumefazione. Possono essere presenti evidenze di blocco o di intrappolamento, che però possono essere secondarie a un’altra patologia, come una lesione condrale o una condropatia femororotulea. La perdita del movimento, con il blocco meccanico dell’estensione, deriva comunemente da una lesione meniscale a manico di secchio scomposta e richiede in genere un trattamento chirurgico urgente. Le lesioni degenerative nel menisco tendono a verificarsi nei pazienti più anziani (>40 anni), spesso con un’anamnesi cronica atraumatica di tumefazione articolare, dolore sulla rima articolare e sintomi meccanici. Queste lesioni sono spesso associate a un qualche grado di danno condrale.
Esame obiettivo
È necessario un esame completo dell’arto inferiore, per ogni paziente in cui si sospetta una patologia meniscale. Si deve eseguire un esame per valutare la presenza di versamenti articolari, atrofia del muscolo quadricipite e qualsiasi tumefazione della rima articolare che possa manifestarsi con una cisti perimeniscale. Si deve valutare l’arco di movimento per determinare la presenza di un eventuale blocco dell’estensione o di una perdita di flessione. Di routine la palpazione del femore, del piatto tibiale e della regione femororotulea per la dolorabilità, seguita da un test di stabilità legamentosa. Sono stati descritti numerosi esami specifici, che possono aiutare a formulare la diagnosi di lesione meniscale. Questi comprendono la palpazione della rima articolare, il test in flessione di McMurray, il test da sforzo di Apley e altri. Studi clinici di valutazione di tali test hanno prodotto risultati contraddittori in relazione alla loro utilità. Weinstabl et al.28 hanno trovato che la dolorabilità della rima articolare era il miglior segno clinico di una lesione meniscale, con una sensibilità del 74% e un 50% di valore predittivo positivo. Evans et al.29 hanno valutato il test in flessione di McMurray, per determinarne l’affidabilità tra diversi osservatori, oltre che l’esattezza. Il reperto di un rumore sordo, localizzato medialmente in rotazione e in flessione, era l’unico segno di McMurray che si correlava positivamente con la patologia meniscale. Tale reperto aveva una specificità del 98%, ma una sensibilità solo del 15%. Altri autori30 hanno riferito una specificità inferiore per questo test e sensibilità che andavano dal 30% al 50%. Anche molti altri test clinici, considerati isolatamente, mostravano valori scarsi di sensibilità e di indicazione positiva.
Nell’ambito delle lesioni del LCA, Shelbourne et al.31 hanno dimostrato che la dolorabilità sulla rima articolare non era utile per la definizione preoperatoria della lesione meniscale. In questo studio, la precisione era del 54,9% per le lesioni del menisco mediale e del 53,2% per quelle del menisco laterale, cosa che può riflettere le variabili che si verificano con le lesioni del LCA, come la contusione ossea e la lesione del legamento collaterale.
Nonostante la scarsa affidabilità di questi test eseguiti isolatamente, la valutazione clinica resta uno strumento molto utile nella diagnosi della patologia meniscale. In uno studio di Terry et al.,32 un’anamnesi accurata, l’esame obiettivo e le radiografie standard venivano utilizzati per determinare la precisione della diagnosi clinica preoperatoria di lesione meniscale. Con la conferma dell’artroscopia per la diagnosi definitiva, la loro valutazione clinica globale presentava una sensibilità del 95%, una specificità del 72% e un valore predittivo corretto dell’85% per le lesioni del menisco mediale e una sensibilità dell’88%, una specificità del 92% e un valore predittivo corretto del 58% per le lesioni di quello laterale. Diagnosi errate frequenti comprendevano la plica fibrotica, il conflitto del batuffolo adiposo, le lesioni condrali e la sinovite.
Accertamenti diagnostici
Studi di imaging come le radiografie standard, l’artrografia, la RM e l’artroscopia sono stati tutti proposti come sussidi all’anamnesi e all’esame obiettivo per la definizione della patologia meniscale.
Radiografia
Prima di ricorrere ad ulteriori accertamenti diagnostici, è opportuno eseguire delle radiografie standard. Una serie di routine comprende una proiezione in carico di entrambe le ginocchia in flessione posteroanteriore di 30° o 45°, una radiografia in laterale e una proiezione di Merchant o in assiale. Sebbene tali radiografie non possano confermare la diagnosi di lesione meniscale, esse sono molto importanti per definire la patologia ossea e per valutare l’eventuale riduzione dello spazio articolare nel ginocchio. Poiché l’usura della cartilagine articolare spesso è più avanzata nelle superfici posteriori dei condili femorali, la proiezione in carico in flessione posteroanteriore di 30° o 45° è più sensibile rispetto alle comuni proiezioni in posizione eretta per rilevare una riduzione precoce dello spazio articolare.35 In quest’ambito le radiografie non in carico sono di scarsa utilità. I pazienti che presentano una riduzione dello spazio articolare devono essere informati riguardo alla condrosi e alla patologia articolare degenerativa come probabili cause di dolore al ginocchio, quando si considera la diagnosi di lesione meniscale. La proiezione di Merchant è utile per valutare l’articolazione femororotulea, poiché questa è spesso la causa di dolore mediale di ginocchio.
Artrografia
Con l’avvento della RM, l’artrografia viene utilizzata con scarsa frequenza nella valutazione dei pazienti con sospetta patologia meniscale. Storicamente è stato mostrato, in studi selezionati, che l’artrografia ha una precisione del 75-85% circa. Tuttavia, in altri studi è stata documentata una precisione inferiore.
Risonanza magnetica
I vantaggi della RM nella valutazione del paziente con una sospetta lesione meniscale comprendono la sua natura non invasiva, la capacità di valutare il ginocchio su piani multipli, l’assenza di radiazioni ionizzanti e la possibilità di esaminare altre strutture all’interno dell’articolazione. Le limitazioni sono i suoi costi relativamente alti e la possibilità di un’interpretazione erronea a causa di inadeguatezze tecniche dello studio o della variabilità dell’interpretazione. I primi studi di valutazione della tecnologia RM venivano condotti con magneti con campi a bassa forza. La precisione nel rilevamento delle lesioni meniscali veniva comunemente indicata all’80-90%. Con il miglioramento della tecnologia e la maggiore esperienza nella lettura delle scansioni, la precisione del rilevamento viene ora considerata all’incirca del 95% o superiore.34
L’aspetto normale del menisco alla RM è quello di una struttura dal segnale uniformemente basso. Aree di incremento del segnale all’interno del menisco si verificano nei bambini e aumentano con l’età negli adulti. Queste modificazioni intrasostanza si vedono frequentemente e sono una causa comune di sovrastima delle lesioni meniscali nella RM. Il sistema di classificazione del menisco delinea i gradi 0, I, II e III (Fig. 5). Solo le modificazioni di grado III (bassa intensità del segnale adiacente al margine libero del menisco) sono compatibili con la lesione meniscale (Fig. 6). Altre strutture anatomiche adiacenti al menisco, come il legamento intermeniscale e lo iato del tendine popliteo possono essere motivo di confusione nella lettura delle scansioni della RM.
Sebbene la RM sia un ottimo strumento nel rilevamento della patologia meniscale, è necessario valutare il quadro clinico completo per decidere il trattamento. In uno studio di reperti della RM in pazienti asintomatici tra i 18 e i 39 anni, con esame obiettivo normale, LaPrade et al.35 hanno trovato scansioni compatibili con una lesione meniscale nel 5,6% delle ginocchia. In uno studio di Boden et al.36 su soggetti asintomatici, il 13% (8/63) dei soggetti con meno di 45 anni presentava quadri RM interpretati come positivi e il 36% (4/11) dei soggetti con più di 45 anni evidenziava scansioni positive.
In uno studio che confrontava la valutazione clinica e quella RM in atleti con sospetta patologia meniscale, Muellner et al.34 hanno riscontrato un’efficacia simile. Essi hanno mostrato una sostanziale equivalenza quanto alla precisione (94,5% contro 95,5%), ai valori predittivi corretti (91,5% contro 96,5%), a quelli di indicazione negativa (99,0% contro 91,5%), alle sensibilità (96,6% contro 98,0%) e alle specificità (87,0% contro 85,5%). In questo studio, la RM non si differenziava molto dall’esame clinico nella formulazione della diagnosi di lesione meniscale.
Artroscopia
Lo standard di riferimento per confermare la diagnosi di lesione meniscale è un esame artroscopico. Nel corso dell’artroscopia, è possibile sondare la giunzione meniscocapsulare ed esaminare le superfici superiore e inferiore. Può essere necessario il posizionamento dell’artroscopio nel compartimento posteromediale o posterolaterale, per assicurarsi di non trascurare eventuali lesioni periferiche del corno posteriore. In corrispondenza dello iato popliteo, la valutazione diretta aiuta a valutare l’ipermobilità, che può verificarsi dopo una lesione dei fascicoli popliteomeniscali. Con un accurato approccio sistematico, la valutazione artroscopica dovrebbe essere lo strumento decisivo per il rilevamento delle lesioni meniscali.

Classificazione delle lesioni meniscali
La classificazione delle lesioni meniscali si può basare sul tipo di lesione evidenziato dall’artroscopia oppure sull’eziologia della lesione stessa. Le due categorie eziologiche sono: lesioni derivanti dall’applicazione di una forza eccessiva su un menisco normale e lesioni derivanti da forze normali, che agiscono su una struttura affetta da processi degenerativi.
I tipi di lesioni meniscali descritti comunemente comprendono la lesione verticale longitudinale, l’obliqua, quella complessa (compresa la degenerativa), quella traversa (radiale) e orizzontale37 (Fig. 7). L’incidenza di questi tipi di lesione è stata valutata da Metcalf et al.,37 i quali hanno riscontrato che l’81% delle lesioni era del tipo obliquo o verticale longitudinale. Col crescere dell’età si vedono più frequentemente le lesioni complesse degenerative e la patologia meniscale maggiore si evidenzia a livello delle corna posteriori.
Le lesioni verticali longitudinali possono essere complete (ovvero lesioni a manico di secchio) o incomplete e si verificano con maggiore frequenza negli individui più giovani. Tali lacerazioni sono più comunemente associate alla lesione del LCA. Le lesioni a manico di secchio solitamente iniziano nel corno posteriore e possono variare in lunghezza da <1 cm a più dei due terzi del menisco. Esse sono spesso instabili e possono causare sintomi meccanici o un blocco vero del ginocchio. Il menisco mediale è colpito con maggiore frequenza, probabilmente perché le sue inserzioni più stabili al piatto tibiale lo rendono suscettibile di lesioni da taglio. Le lesioni incomplete colpiscono anche il corno posteriore del menisco e possono essere riscontrate sulle superfici sia superiore sia inferiore dello stesso. Tali lesioni possono essere sintomatiche o meno. È possibile riscontrarle al momento dell’artroscopia, durante la palpazione del menisco.
Le lesioni oblique, chiamate spesso lesioni “flap” o a becco di pappagallo, possono verificarsi in ogni sede, ma si riscontrano con più frequenza alla giunzione del terzo posteriore con il terzo medio del menisco. I sintomi possono derivare dal margine lacerato libero del lembo che, agganciato nell’articolazione, produce una trazione sulla giunzione meniscocapsulare. In tal modo è anche possibile un’estensione della lesione.
Le lesioni complesse o degenerative si manifestano su piani multipli e sono più comuni nei gruppi di età più avanzata (>40 anni). Si verificano nel corno posteriore e nella porzione intermedia del corpo, sono spesso associate a modificazioni degenerative della cartilagine articolare e rientrano nella patologia dell’artrosi degenerativa.
Le lesioni traverse o radiali si verificano isolatamente o in associazione ad altre lesioni. Tipicamente si situano alla giunzione del terzo posteriore e del terzo medio del menisco mediale ovvero in prossimità dell’inserzione posteriore del menisco laterale. Possono essere asintomatiche, ma possono propagarsi all’intero menisco, se i margini vengono agganciati all’interno dell’articolazione. Le lesioni radiali complete alterano le fibre circonferenziali e portano a una perdita della funzione di supporto del carico.
Si ritiene che le lesioni orizzontali inizino vicino al margine interno del menisco e si estendano verso la capsula. Esse tendono a verificarsi nel piano dei fasci di fibre collagene perforanti mediane, ad orientamento orizzontale, e si ritiene che siano la conseguenza di forze di taglio, generate da compressione assiale. Possono verificarsi in tutti i gruppi di età, ma la loro frequenza aumenta nei gruppi di età più avanzata. Si vedono anche comunemente nei menischi laterali dei corridori. Le cisti meniscali sono spesso associate alle lesioni orizzontali e possono essere sintomatiche, a causa della tumefazione localizzata.
Le cisti meniscali costituiscono l’1-10% delle patologie meniscali.38 Esse sono fortemente correlate con le lesioni meniscali e si verificano con maggiore frequenza nel menisco laterale. Patologicamente, tali cisti appaiono direttamente connesse al menisco e sono piene di un materiale gelatinoso simile al liquido sinoviale, dal punto di vista biochimico. I sintomi comprendono il dolore in corrispondenza della rima articolare, e le cisti inoltre sono spesso palpabili all’esame obiettivo sulla rima articolare o al di sotto.

Scelte chirurgiche
Indicazioni per il trattamento artroscopico
Le indicazioni chirurgiche per il trattamento artroscopico della patologia meniscale comprendono: 1) i sintomi di lesione meniscale che influenzano le attività quotidiane, il lavoro e/o l’attività sportiva; 2) i reperti fisici positivi come dolore locale sulla rima articolare, versamento articolare, limitazione del movimento e segni evocabili, come il dolore in posizione accucciata o la positività ai test di McMurray in flessione o di Apley da sforzo; 3) la mancata risposta ai trattamenti incruenti, quali la modificazione delle attività, i farmaci e un programma di riabilitazione e 4) l’assenza di altre cause di dolore al ginocchio identificate con radiografie standard o con altri accertamenti di imaging.37 In alcune situazioni cliniche, è possibile che una o più di queste indicazioni siano assenti; tuttavia, tali criteri devono essere considerati prima di intraprendere il trattamento chirurgico.
Nell’ambito delle lesioni del LCA, il trattamento chirurgico della patologia meniscale viene eseguito più frequentemente in associazione alla ricostruzione del LCA. Il momento dell’intervento è dettato nella maggior parte delle volte da aspetti relativi alla ricostruzione del LCA, quali l’articolarità, la tumefazione, la funzione del quadricipite e le lesioni legamentose associate. La perdita del movimento, a causa di una lesione meniscale scomposta può necessitare un trattamento d’urgenza.
Setup chirurgico
La maggior parte degli interventi artroscopici sul menisco può essere eseguita in forma ambulatoriale. È possibile utilizzare un’anestesia generale, regionale o locale, anche se le prime due offrono un miglior rilassamento muscolare dell’arto. Nella maggior parte dei pazienti l’uso del laccio emostatico non è necessario ed è stato dimostrato che esso comporta possibili effetti avversi, quali l’evidenza elettromiografica di un danno a carico del quadricipite e un potenziale maggior rischio di tromboflebite.39
Il flusso per gravità del liquido di lavaggio è sicuro, efficace e poco costoso. Tuttavia può comportare un flusso subottimale durante le procedure più complesse. I sistemi a pompa mantengono una pressione e un flusso costanti; tuttavia, con questi sistemi può verificarsi uno stravaso del liquido per cui è opportuna una certa cautela, specie nelle lesioni acute del ginocchio, in cui può essersi verificata una lesione capsulare.
Viene utilizzato un sostegno o un blocco per la gamba, che fornisca un fulcro intorno al quale sia possibile applicare al ginocchio forze in valgo e in varo, per una migliore visualizzazione.40 Un “leg holder” fornisce un accesso eccellente all’intero arto e facilita la riparazione del menisco e la ricostruzione dei legamenti. Il “leg post” offre un minor controllo rotazionale, ma può essere usato con il paziente adagiato sul lettino chirurgico, facilitando in qualche misura il posizionamento dello stesso e tutta l’impostazione dell’intervento. Tuttavia, nel corso di una riparazione del menisco, il lettino può limitare l’accesso alle superfici mediale e laterale del ginocchio, rendendo più difficile il recupero dell’ago.
Con l’uno e con l’altro dispositivo ci si deve guardare dalle lesioni involontarie ai legamenti collaterali, quando l’articolazione viene posta in sollecitazione, nel tentativo di visualizzare i compartimenti mediale e laterale.
L’uso degli strumenti chirurgici dovrebbe comprendere un artroscopio con ottiche a 30° e 70°, strumenti manuali e uno strumento motorizzato.40 Inoltre dovrebbero essere disponibili gli strumenti per un’eventuale riparazione del menisco. La scelta degli strumenti dipende dal chirurgo, ma dovrebbe nondimeno consentire una riparazione in tutte le zone del menisco.
È importante che il chirurgo sviluppi un approccio sistematico standard all’esame artroscopico del ginocchio. È necessaria la conoscenza di un’ampia serie di portali e di tecniche chirurgiche, come pure la capacità di modificarli per adattarli alle varie strutture e patologie del ginocchio.
Trattamento chirurgico
I criteri più comunemente accettati per una riparazione meniscale comprendono: 1) una lesione longitudinale verticale completa >10 mm; 2) una lesione compresa nel 10-30% della zona periferica del menisco o a 3-4 mm dalla giunzione meniscocapsulare; 3) una lesione che può essere scomposta mediante sondaggio, mostrando così la propria instabilità; 4) una lesione senza degenerazione o deformità secondaria; 5) una lesione in un paziente attivo e 6) una lesione associata a una concomitante stabilizzazione dei legamenti ovvero in un ginocchio stabile dal punto di vista legamentoso.41 Quando sono presenti tali criteri è opportuna una riparazione formale, utilizzando vari metodi. In una situazione in cui non siano presenti tali criteri, il trattamento deve essere individualizzato.
Non tutte le lesioni meniscali causano sintomi o problemi. Henning et al.42 hanno suggerito che alcune lesioni non richiedono trattamento perché guariscono spontaneamente o restano asintomatiche. Tra queste vi sono le lesioni longitudinali verticali stabili di breve lunghezza (<10 mm); le lesioni a spessore parziale stabili (<50% dello spessore del menisco) sulla superficie superiore o inferiore e le piccole (<3 mm) lesioni radiali. In un ginocchio stabile, ovvero in un ginocchio con LCA ricostruito, queste lesioni possono guarire spontaneamente oppure rimanere asintomatiche. Si può considerare la tecnica della semplice abrasione e/o cruentazione, che può incrementare il potenziale di guarigione di queste lesioni. Weiss et al.43 hanno riferito una guarigione completa nel 65% delle lesioni meniscali longitudinali verticali stabili, esaminate con un esame artroscopico di controllo. Sei pazienti su 52 con lesioni stabili necessitavano di un ulteriore trattamento, nel corso del follow-up di 2-10 anni; tuttavia, 4 di questi pazienti avevano subito un nuovo evento traumatico. In questo studio si definiva stabile la lesione che evidenziava una scomposizione <3 mm con la palpazione.
Molte lesioni meniscali incontrate durante gli interventi non rientrano nelle categorie di quelle riparabili o che guariscono spontaneamente. Tali lesioni necessitano in genere di una meniscectomia parziale per la rimozione dei frammenti instabili, l’eliminazione di qualunque evidenza di blocco o di intrappolamento e la riduzione del dolore associato ai frammenti meniscali instabili. Quando si trattano lesioni non adatte alla riparazione, si devono utilizzare tecniche di resezione che mirino alla rimozione del tessuto non funzionale, mantenendo la maggior porzione possibile di tessuto vitale, per minimizzare l’effetto sulla meccanica articolare.

Riassunto
I menischi mediale e laterale sono strutture fibrocartilaginee che svolgono un ruolo essenziale nell’assorbimento del carico e nella riduzione delle sollecitazioni da contatto sulla cartilagine articolare del ginocchio. Le lesioni meniscali sono comuni e si situano con maggiore frequenza nella porzione mediana e nel corno posteriore. Esse possono verificarsi come eventi traumatici acuti o come parte di un processo degenerativo e possono manifestarsi con un ginocchio dolente e tumefatto, con dolorabilità della rima articolare e con sintomi meccanici di blocco o di intrappolamento. Sebbene i test clinici specifici, utilizzati da soli, abbiano uno scarso valore indicativo nella diagnosi delle lesioni meniscali, la valutazione clinica globale – comprendente un’anamnesi accurata, un esame obiettivo completo e radiografie standard – è paragonabile come valore diagnostico alla RM. La RM resta utile in situazioni cliniche in cui la diagnosi non è chiara, sebbene si possano vedere risultati positivi anche in pazienti asintomatici (maggiori nei pazienti di età più avanzata). Si deve considerare la situazione clinica generale, quando si decide se procedere con un intervento. La possibilità di riparazione del menisco si basa sul tipo di lesione, sulla vascolarizzazione e sulla qualità del tessuto meniscale, oltre che su altri fattori, come la presenza di una concomitante lesione legamentosa.

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